29 mar 2009

Olanda, musulmane fondano una 'brigata' per difendere il velo sul posto di lavoro

Olanda, musulmane fondano una 'brigata' per difendere il velo sul posto di lavoro

''Siamo contro l'oppressione della donna'' ma ''molte di noi portano il velo per esprimere la propria fede e la propria identità musulmana, per libera scelta e non perché ce lo chiedano i nostri padri o mariti''



ultimo aggiornamento: 29 marzo, ore 09:39
Bruxelles, 29 mar. (Adnkronos/Aki) - Difendere il diritto di portare il velo islamico sul posto di lavoro, lottando contro quello che considerano una discriminazione verso le musulmane. E' l'obiettivo della 'Brigata delle musulmane olandesi per il velo', un'organizzazione (del tutto pacifica, nonostante il nome all'apparenza minaccioso) lanciata da tre donne olandesi di origine marocchina.

"Non vogliamo minacciare i datori di lavoro- spiega una delle tre fondatrici, Nora el-Jebli, 31 anni, ragionieara presso la società americana Toolsgroup - ma far capire che esistiamo anche noi, e di qui avviare il dialogo". La nascita dell'organizzazione e' stato annunciata a metà febbraio nel corso di una conferenza presso la Grande Moschea di Amsterdam. "Siamo contro l'oppressione della donna - si legge nel sito dell'organizzazione - e per pari diritti per le donne e per tutti gli esseri umani, a prescindere dalla fede, dal sesso, dalla razza, dal reddito etc. Molte di noi portano il velo per esprimere la propria fede e la propria identità musulmana, per libera scelta e non perche' ce lo chiedano i nostri padri o mariti".

Il fatto è, si legge ancora nel sito, che "la discriminazione nel mercato del lavoro al momento e' forse il maggior ostacolo per il nostro processo di emancipazione. Se volete che noi ci 'integriamo' (ancora di piu'), dovete darcene la possibilita'". Un esempio concreto e' el-Jebli, che ha deciso di mettersi l'hijab (il velo che copre solo i capelli) nel 2004. "E' stata una decisione personale - spiega - presa dopo due incidenti d'auto". La donna, a dire il vero, personalmente non ha avuto particolari problemi, alla societa' Usa che l'ha assunta, racconta, "ho dovuto semplicemente spiegare che cos'e' questo velo e che cosa rappresenta di'per me". Ma sono moltissimi i casi in cui le donne con l'hijab ai colloqui di lvoro si sentono dire che "il velo non risponde alla cultura dell'azienda".

"Non vogliamo apparire patetiche - prosegue el Jebli - ma le donne con il velo non devono accettare un trattamento diseguale. La discriminazione c'e', soprattutto alle posizioni piu' elevate". In effetti per lo piu' soltanto per posti di lavoro di fascia bassa (come le imprese di pulizia) e' accettato il velo. Le difficolta' di trovare lavoro legate all'hijab sono un vero problema, soprattutto visto che proprio nella comunita' degli immigrati di origine marocchina la disoccupazione tocca il 20%, cinque volte superiore alla media nazionale. Non a caso a sostenere l'iniziativa delle 'brigate' e' anche la Federazione dei sindacati olandesi.

A sostegno delle donne con l'hijab si è schierata anche la Commissione per le pari opportunita' (Ogb), che e' intervenuta dopo che alcune lavoratrici hanno perso il posto a causa del velo. Del resto, l'organizzazione avverte che proprio questo tipo di discriminazione puo' favorire l'estremismo islamista. "Una efficace lotta alla discriminazione - scrivono nel sito - l'inclusione al posto dell'esclusione, e il mutamento dell'immagine (dell'Islam) sono molto importanti per respingere e prevenire l'estremismo, e anche per prevenire la marginalizzazione e la polarizzazione della prossima generazione".

Le tre fondatrici, del resto, sottolineano di difendere solo il velo sui capelli, non altre forme piu' radicali, come il velo integrale o il burqa. La Brigata, intanto, sta gia' attuando iniziative che hanno suscitato l'interesse dei media. Lo scorso 22 febbraio nella Grande Moschea Amsterdam hanno assegnato alla catena di supermercati Dirk van den Broek il 'premio del velo' in quanto azienda che piu' di tutte le altre accetta dipendenti con l'hijab.

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