"Che nome gli metterò? Lo voglio chiamar Pinocchio" (III)
Alla prima parte
Sul suo blog, Dacia Valent ha compiuto una delle provocazioni per cui noi la amiamo, mentre i polli che ci cascano la vorrebbero morta.
Ha semplicemente ripreso alcuni episodi traumatici della vita di Magdi Allam, descritti in Io amo l'Italia, senza però specificare a chi si riferivano. Commenta un furente "Andreamig", che evidentemente non ha capito di chi si parlava:
"Questa gentaglia deve stare fuori dall'Italia. Lo hai detto tu questo potrebbe essere un serial killer. Che se ne stia a casa sua. Pure mussulmano è e per questo ancora più pericoloso. Già c'abbiamo i nostri matti.........ci mancano anche quelli col turbante..............."
Crediamo che il titolo di serial killer sia inappropriato per descrivere Magdi Allam. Lo potremmo chiamare, piuttosto, un serial lover. Guardiamo, infatti i titoli di alcuni capitoli del suo libro:
Il primo "vagito italiano"
Un segno del destino [di diventare italiano]
Sognando Sivori [noto giocatore di calcio dell'epoca]
Italiani buoni egiziani
La Terra promessa [l'arrivo in Italia]
L'Italia da vivere
Grazie agli italiani
"Lei è il migliore degli italiani"
L'Italia da salvare
L'Italia, terra di conquista islamica
Per Magdi Allam, notoriamente, basta la visione di un sito internet, o ascoltare una predica di un quarto d'ora in moschea, per diventare kamikaze. Forse esagera; comunque è evidente che passare gli anni formativi, abbandonato dalla madre e vivendo, giorno e notte, in madrase gestite da religiosi, tra suore, preti e scout, lascia come dice lui stesso, "una traccia indelebile nella mia formazione umana" (p. 26).
Infatti, Magdi Allam è passato dalla materna e le elementari gestite dalle suore comboniane, alla Don Bosco, gestita dai salesiani.
Il passaggio di scuola fu
"una decisione repentina presa da mia madre perché i salesiani le garantivano che si sarebbero occupati di me dodici mesi l'anno".
Mamma Safeya "dal cuore d'oro" si era licenziata dalla famiglia Caccia, per diventare la domestica di un'aristocratica saudita, che la pagava molto di più, ma che Mamma Safeya doveva seguire in giro per il mondo. E così, per comprare l'Abbecedario a Magdi e soprattutto permettergli di "vivere in un ambiente socialmente superiore a quello della media degli egiziani" (p. 16), lo abbandonò totalmente nelle mani del clero italiano.
E' dal clero, e da qualche insegnante laico, che Magdi apprende il gusto di scrivere (definisce l'italiano la sua lingua madre); "è con i salesiani che ho conosciuto il Cairo", con loro che legge Topolino, e impara a tifare Juve.
Il contesto è quello surreale degli italiani d'Egitto, di cui ho conosciuto gli ultimi scampoli una quindicina di anni fa.
Magdi Allam, ovviamente, li ama.
Ora, è interessante sapere che si tratta dello stesso Magdi Allam che dedica un capitolo dello stesso libro, per spiegare il proprio concetto di integrazione: l'immigrato "deve conoscere adeguatamente la lingua italiana" (p. 270),
"è tenuto alla conoscenza della cultura italiana nel senso più ampio, comprese la religione cristiana e le altre fedi",
deve "condividere, interagire e far propri i valori fondanti della nostra identità nazionale", "deve condividere attività sociali, educative, ricreative, di volontariato, culturali con gli italiani".
Il tutto viene controllato tramite esami di "primo e secondo livello". Chi non riesce a distinguere perfettamente tra condizionale e congiuntivo, chi ignora la modalità della processione dello Spirito Santo che distingue cattolici da ortodossi (per modum intellegibilis actionis e per spiramen), o che non può portare almeno quattro biglietti usati della discoteca Las Vegas Ecstasy di Menegotto Superiore, deve essere espulso dall'Italia.
Se criteri simili fossero stati applicati agli stranieri d'Egitto, sarebbero rimasti davvero in pochi: cioè proprio quelli, come Edward Lane, Carlo Alfonso Nallino e René Guénon, che non erano venuti per fare fortuna.
Ho conosciuto italiani residenti in Egitto da tre o quattro generazioni, che in arabo sanno dire, al massimo, "vieni qui!", "portami questo!" e "costa troppo!"
I greci d'Alessandria possiedono un gigantesco isolato in città, dove c'è il consolato, il circolo culturale e le loro madrase, servite da insegnanti inviati direttamente dalla Grecia, che ai ragazzi fanno provare l'ebbrezza di sentirsi discendenti di Omero e di Pericle.
La domenica, l'intera comunità greca è invece in chiesa, ad ascoltare prediche rigorosamente in greco - ricordiamo che Magdi Allam esige che nelle moschee in Italia si parli solo in italiano. Ripeto, non si tratta di immigrati recenti, ma di nipoti e pronipoti. Almeno il 95%, poi, sono analfabeti, del tutto incapaci di leggere - né tantomeno scrivere - nella scrittura ufficiale del paese che li ospita.
In questo, non c'è vero e proprio razzismo: greci e italiani sono disposti a interagire, e persino a sposarsi, con nativi egiziani che abbiano un ottimo reddito, parlino perfettamente qualche lingua occidentale e indossino regolarmente la giacca e la cravatta. Nativi egiziani che devono condividere lo sdegno, diffuso tra stanieri di tutte le comunità, per l'oltraggioso comportamento del governo italiano, che non ha permesso la sepoltura dell'ultimo re d'Italia nel Pantheon.
Tutto questo, ovviamente, Magdi Allam, sopraffatto da invidioso amore, non ce lo racconta.
Racconta invece dei problemi che hanno avuto molti italiani nel 1967. Ricordiamo che quell'anno, l'Egitto fu attaccato da un suo vicino, che si autodefinisce "stato ebraico". Lo stesso Magdi Allam accenna alla distruzione in poche ore dell'intera aviazione egiziana, l'esercito in rotta, i bombardamenti su Cairo e le immense masse di profughi che fuggiranno poi dai bombardamenti israeliani su Port Said e Suez (lo racconta solo per lamentarsi di come questi buzzurri abbiano intasato la "sua" Cairo).
Tutto questo non lo preoccupa. Invece, scrive con sdegno di come "la gente mostrava dei pupazzi raffiguranti lo stereotipo dell'ebreo e li bruciava pubblicamente", non si sa bene perché.
Tutto ciò mi ha fatto venire in mente Sigrid, una splendida signora tedesca che aveva sposato un medico egiziano - cristiano - subito dopo la guerra, e che si distingueva da tanti stranieri per l'autentico rispetto che aveva per l'Egitto.
Era il novembre del 1956. Senza dare preavviso, Israele, Inghilterra e Francia avevano attaccato l'Egitto. Migliaia di civili erano morti nei bombardamenti.
Sigrid, che abitava ad Alessandria, rimase in casa per ore, dopo aver sentito la notizia. Bionda e dalla pelle chiarissima, inconfondibilmente khawâga, pensava, se esco verrò linciata.
Poi si fece coraggio, uscì dal portone e salì su un tram.
I passeggeri la guardarono sorpresi.
Poi un signore si alzò e le disse, "itfaddalî": "Prego, si sieda".
Dopo poco Geppetto tornò: e quando tornò aveva in mano l'Abbecedario per il figliuolo, ma la casacca non l'aveva più. Il pover'uomo era in maniche di camicia, e fuori nevicava.
- E la casacca, babbo?
- L'ho venduta.
- Perché l'avete venduta?
- Perché mi faceva caldo.
2 commenti:
trovo che hai molta fantasia complimenti continua cosi almeno possiamo ridere
Anonimo mio non sono io che me li invento leggi la fonte da dove provengono!
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