15 giu 2009

la preghiera...

“La Preghiera è il pilastro della religione” ha detto Muhammad (s). Il Corano ne parla più di cento volte e la nomina con termini diversi: Salàt (l’inclinarsi), Du’à’ (appello, preghiera), Dhikr (ricordo), Tasbìh (glorificazione), Inàbat (inchinarsi), ecc.

Nella sua preoccupazione di creare un’immagine del Regno di Dio sulla terra, l’Islam ha prescritto per ogni giorno cinque preghiere in comune: bisogna pregare quando ci si alza, e bisogna levarsi presto, all’inizio e verso la fine del pomeriggio, al tramonto e alla sera, prima di coricarsi. Tutto ciò esige che si tralasci per qualche minuto, per ciascuna preghiera, ogni preoccupazione mondana, allo scopo di rendere testimonianza di sottomissione e di gratitudine al nostro Creatore. Quest’obbligo comprende tutti gli adulti, uomini e donne.

La preghiera dell’inizio del pomeriggio si trasforma, ogni venerdì, in una cerimonia settimanale più solenne ed importante, dove l’Imàm del luogo pronuncia anche un’omelia prima della cerimonia stessa. L’Islam ha istituito due feste annuali: una alla fine del mese di digiuno e l’altra durante il Pellegrinaggio alla Mecca. Ognuno di queste due feste si celebra con un rito speciale che si aggiunge alle pratiche quotidiane. Ci si riunisce, al mattino, per la preghiera collettiva, dopo diché l’Imàm pronuncia un sermone. Un’altra preghiera di obbligo ristretto è celebrata per un defunto, prima della sua sepoltura.
Parlando dei “segreti della preghiera” il grande mistico Waliullàh Dihlàwì si esprime così: “Sappi che l’uomo è, a volte, elevato come un lampo, prossimo alla santità (Presenza divina), ed è assiso con il più grande attaccamento possibile sulla soglia di Dio, da cui scendono sull’uomo delle trasfigurazioni divine che dominano la sua anima: vede e sente delle cose che la lingua umana è incapace di descrivere. Una volta cessato questo fulgido stato, l’uomo ritorna alla sua condizione precedente ed è tormentato dalla perdita di questo stato. Cerca di ritrovare ciò che gli è sfuggito, ponendosi in questo mondo nella condizione più simile al riassorbimento nella conoscenza di Dio. È la condizione del rispetto, della devozione e della conversazione pressoché diretta con Dio, condizione a cui si accompagnano gesti e parole appropriati.

La preghiera consiste essenzialmente di tre elementi: primo il sentimento di umiltà alla Presenza maestosa di Dio, poi il riconoscimento di questa superiorità divina e della nullità umana con parole convenienti, ed infine, l’atteggiamento non solo del corpo, ma di tutto l’essere del necessario rispetto.

Per rendere omaggio a qualcuno ci si alza e ci si volge verso l’oggetto del proprio rispetto e della propria invocazione. Più rispettoso ancora l’uomo s’inchina e abbassa la testa – che rappresenta in modo eminente l’io e la coscienza – fino a toccare il suolo davanti all’oggetto del rispetto. Poiché l’Uomo non raggiunge l’apogeo del suo sviluppo spirituale che gradualmente, è evidente che una tale ascesa debba attraversare tre tappe; una preghiera completa comporterà le tre posizioni quali il restare in piedi, l’inchinarsi e il posare la fronte al suolo alla Presenza di Dio, tutto ciò per preparare l’animo nell’attesa di cogliere la sublimità divina e la nullità dell’essere umano davanti a Dio” (Hujjatu’Llàh al-bàligha, t. I – “Segreti della preghiera”).

In un passaggio il Corano dice anche: “Non hai visto che è davanti a Dio che si prosternano tutti coloro che sono nei cieli e tutti quelli che sono sulla terra, e il sole, la luna, le stelle, le montagne, gli alberi, gli animali, e un gran numero di uomini?” (Cor., XXII, 18).

Il rito della preghiera islamica riunisce le forme di preghiera di tutte le creature: Il sole, la luna, le stelle ripetono il loro gesto di levarsi e di declinare come rak’at doporak’al di una preghiera; le montagne restano in piedi e simboleggiano il qiyàm, la posizione ch apre la preghiera musulmana; gli animali restano sempre inclinati, simbolo della seconda posizione, il rukù’; si sa che gli alberi traggono il loro nutrimento dalle radici: sono perpetuamente in stato in stato di prosternazione, che è la terza posizione della preghiera musulmana, sajda.

Il Corano afferma: “I sette cieli e la terra e ciò che vi si trova contano la purezza di Dio! E non c’è cosa veruna che non ne canti la purezza lodandolo, ma voi non comprendete il loro canto di lode” (Cor., XVII, 44). Ed il Corano affermo inoltre che una delle principali funzioni dell’acqua è la purificazione necessaria alla preghiera: “Dal cielo Egli fa scendere dell’acqua su di voi per purificarci” (Cor., VIII, 11).
Si sa che le cinque preghiere quotidiane sono state prescritte ai Musulmani al momento dell’ascensione celeste del Profeta (s) (miràj); Muhammad (s) ha dichiarato inoltre che la preghiera del credente costituisce la sua “ascensione”, poiché si trova in tal modo elevato alla Presenza di Dio e ciò non è senza ragione: guardiamo infatti quanto compie un Musulmano durante il rito. Prima di tutto rimane in piedi, alza le mani e proclama: “Dio è il più grande!” l’uomo rinuncia così a tutto ciò che è altro da Dio e si sottomette alla Volontà del suo solo Signore. Dopo aver rivolto le lodi alla Gloria del Signore, si sente così umile davanti alla Maestà divina che s’inchina e abbassa la testa in segno di rispetto, proclamando: “Gloria al mio Signore, l’Immenso”. Poi si alza e ringrazia Dio per averlo guidato; quindi riflettendo è attonito davanti alla Grandezza divina al punto che si sente obbligato a prosternarsi e a postare la testa al suolo in tutta umiltà affermando: “Gloria al mio Signore, l’Altissimo”. Ripete questi gesti per divenire degno di essere condotto dal mondo di quaggiù verso la sfera celeste, verso la Presenza di Dio. Saluta Dio e riceve la risposta al sua saluto. In effetti si serve per questo scambio di saluti delle stesse formule che il Profeta (s) impiegò nel suo Mi’ràj: “I Saluti spettano a Dio, come anche le cose pure, buone e le preghiere”. “La Pace sia su di te o Profeta, e la Misericordia di Dio e le Sue Benedizioni”. “La Pace sia su noi e sui retti servitori di Dio”.

Senza simboli materiali, il credente fa, per così dire, la sua ascesa verso Dio, il Dio trascendente, viaggio spirituale che alcuni designano con il termine “comunione”.

Tale è l’aspetto spirituale del rito. La sua utilità è molteplice, anche dal punto di vista pratico e sociale: riunisce cinque volte al giorno gli abitanti di un quartiere, offre la possibilità di pausa delle occupazioni individuali e riunisce i più grandi personaggi come i più umili, in perfetta uguaglianza. Si incontrano così non solo gli altri membri della comunità, ma anche i funzioni, responsabili locali. Ci si riunisce direttamente, senza formalità né impedimenti. La preghiera islamica ha un aspetto sociale molto strutturato, concepito in modo tale che i credenti sentano attorno ad essi il regno di Dio.

All’appello del muezzin tutti accorrono al luogo della comune riunione, si dispongono in ranghi dietro il celebrante, fanno gesti e movimenti in comune con gli altri in perfetta uniformità e coordinazione. Inoltre i fedeli di ogni parte del mondo si volgono tutti, nelle loro preghiere, verso un sol punto centrale: la Ka’bah, la Casa di Dio alla Mecca. Ciò rammenta l’unità della comunità mondiale, senza distinzione di classe, razza e nazione.

Il miglior modo di pregare e il più formale è il rito in comune, ma in caso di impossibilità o di difficoltà, ogni uomo o donna, prega da solo. In ogni caso, le cinque preghiere della giarnata costituiscono un dovere minimo poiché si tratta di dedicare circa mezz’ora, nel corso delle ventiquattro ore, non a se stessi, ma alla Dignità divina, anche se il credente dovrebbe pensare a Dio in ogni momento, nella buona come nella cattiva sorte, quando lavora, quando sta per addormentarsi, quando si occupa di altre attività. Il Corano afferma su questo punto: “Gli uomini dotati di intelligenza, che, in piedi, seduti, sdraiati, si ricordano e meditano sulla creazione dei cieli e della terra dicono: ‘Signore Tu non hai creato tutto ciò invano’” (Cor., III, 190-91).

Dio ha assoggettato l’universo a profitto dell’uomo, ma questo godimento dove essere accompagnato dalla riconoscenza e dall’obbedienza e non dalla ribellione contro Dio, né dall’ingiustizia verso altri esseri e creature.

Ricordiamo che, al momento stesso in cui il rito fu istituito per il bene spirituale del credente, fu rivelato un versetto del Corano: “Dio non obbliga nessuno se non in base alle proprie capacità” (Cor., II, 286). Sono l’intenzione e la volontà che contano agli occhi di Dio e non certo la quantità o la modalità esteriore che l’accompagnano. Se un uomo probo ritiene onestamente che non può compiere le preghiere cinque volte al giorno che le faccia in quattro, in tre, in due, possibilità e le circostanze. Essenziale è non dimenticare il dovere spirituale in mezzo alle preoccupazioni materiali e mondane. Tali riduzioni sono autorizzate in momenti anomali, per esempio quando uno è sofferente o malato o, in certi casi, come quelli che leggiamo nei racconti sulla pratica dello stesso Profeta (s). Infatti, durante la battaglia del Fossato (khandaq), si arrivò a celebrare la preghiera del mezzogiorno, del pomeriggio e del tramonto e della sera tutte in una volta, durante la tarda notte poiché il nemico non aveva concesso tregua un solo momento durante tutto il giorno. Significa che si celebrarono in due volte i cinque momenti di preghiera: all’alba e a tarda notte. In un altro racconto riportato da al-Bukhàrì e da Muslim leggiamo questa affermazione di Ibn ‘Abbàs: “Il Messaggero di Dio celebrò i riti del mezzogiorno e del pomeriggio (zohr e ‘asr) insieme, ugualmente quelle del tramonto e della sera (maghrib e ‘ishà’) senza tema di nemici o per ragioni di viaggio e il narratore aggiunge: voleva che non vi fossero difficoltà per la sua gente”. Questo racconto parla dunque di tre momenti rituali al giorno. Evidentemente, tutto dipende dalla coscienza del credente, che è responsabile personalmente davanti a Dio, che è Giusto nel conto e a Cui non si può nascondere nulla.

Le donne sono dispensate dal rito della preghiera durante i giorni di indisposizione mensile e per certo periodo dopo il parto.

tratto da:

http://www.huda.it

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