12 nov 2009

i soldati italiani contro la "fatina azzurra"

Herat. Il tam tam comincia quando l’Italia non è stata ancora illuminata dalle luci dell’alba. «Visto la Santanchè?», chiede visibilmente rabbuiato, al suo team, un maresciallo della “Garibaldi” di Persano. E’ una domanda che si rivela retorica e genera commenti salaci. Il dissenso colorito, da qualche epiteto, è trasversale dal punto di vista politico. «Dire che Maometto era un pedofilo significa creare condizioni per un rischio aggiuntivo. Anche una sola frase può farci ammazzare», dice un caporalmaggiore che, per conto del Provincial reconstrution team italiano, fa ogni giorno il lavoro di scorta per le strade di Herat su fuoristrada non sempre blindati. Altri fanno proprie, con foga, le sue preoccupazioni.

«Non dimentichiamoci che cosa accadde con le vignette sataniche e la maglietta di Calderoli, dove l’immagine del profeta veniva associata ad un maiale». Tra molte sopracciglia inarcate, che esprimono disappunto, alcuni ufficiali si chiedono che cosa sarebbe accaduto in Italia se qualcuno avesse accusato Gesù Cristo di essere un transessuale. La forte provocazione di Daniela Santanchè durante un talk show domenicale è all’origine di nuove preoccupazioni in un contesto che si era fatto un tantino più disteso dopo le tensioni elettorali (e gli attentati anche contro i militari italiani). «Disponiamo di armi perché non possiamo farne a meno, ma il nostro lavoro ci porta soprattutto a contatto con la popolazione civile. Siamo qui per aiutare. I musulmani afghani, lo sappiamo bene, sono ipersensibili. Un fanatico che voglia vendicarsi dell’offesa a Maometto lo si può sempre incontrare. Non mi resta che ringraziare la signora anche a nome delle nostre famiglie, che già vivono tra mille preoccupazioni», dice un ragazzo di Eboli che fa parte dell’equipaggio di un “Lince”. Nella chiesetta del campo dedicata alla Madonna di Loreto, il cappellano militare del contingente italiano, don Gianmario Piga, preferisce attestarsi su una posizione ecumenica. Cura le anime dei soldati, li prepara al matrimonio e alla cresima. Sostiene che agli oltre cento soldati impegnati in zona di guerra e che ogni domenica partecipano alla Santa Messa non fa che ripetere che i valori più belli sono il dialogo e la comprensione. Più pragmatico, invece, l’approccio al caso Santanchè: «Anche Gesù Cristo è stato attaccato con disegni e pubblicazioni blasfeme». Non si affida all’anonimato, cui sono indotti molti militari, il tenente colonnello Marco Mele della Brigata Sassari, responsabile dell’ufficio della pubblica informazione di Herat. Esprime una pacata posizione istituzionale, ricordando che le «consolidate tradizioni delle Forze Armate permettono di usare – nei limiti del lecito e del possibile – sempre il massimo rispetto delle culture, degli usi e delle tradizioni locali». Sottolinea che è proprio per questo «che le nostre attività non sono state né saranno mai invasive, ma attente alla specificità e alle consuetudini locali». Il commento contiene in sé anche un auspicio non secondario. Quello «di vedere ancora ricambiato dalle popolazioni e dalle istituzioni presenti sul territorio lo stesso rispetto che quotidianamente abbiamo nei loro confronti.». E’ un modo per chiudere il caso. Il problema è sapere che cosa ne pensano i ben informati integralisti disseminati al di là della muraglia che protegge l’accampamento dei soldati italiani.


http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/p/mondo/2009/11/10/AMmc0u5C-ammazzare_italiani_santanche.shtml


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